COMMERCIALIZZAZIONE A DISTANZA DEI SERVIZI FINANZIARI [copia]

30/11/-0001

COMMERCIALIZZAZIONE A DISTANZA DEI SERVIZI FINANZIARI
art. 67 vicies del Codice del Consumo: composizione extragiudiziale delle controversie.

Progetto “INFORMACON” spesa finanziata dal Ministero Sviluppo Economico ai sensi del Decreto 28 maggio 2010

 


Articolo 67-vicies

Composizione extragiudiziale delle controversie

 

1. Il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero della giustizia, sentite le autorità di vigilanza di settore, possono promuovere, nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, l’istituzione di adeguate ed efficaci procedure extragiudiziali di reclamo e di ricorso per la composizione di controversie riguardanti i consumatori, conformi ai principi previsti dall’ordinamento comunitario e da quello nazionale e che operano nell’ambito della rete europea relativa ai servizi finanziari (FIN NET).

 

2. Gli organi di composizione extragiudiziale delle controversie comunicano ai Ministeri di cui al comma 1 le decisioni significative che adottano sulla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari.

 

L’articolo 67-vicies del Codice Del Consumo, consente ai Ministeri della Giustizia e dell’Economia, di predisporre apposite procedure di composizione stragiudiziali di eventuali controversie fra consumatori e fornitori di prodotti e servizi finanziari a distanza all’interno della rete europea FIN NET. Il Procedimento extragiudiziale nel settore dei servizi finanziari rappresenta un efficace strumento alternativo per molte controversie in materia di consumo. In buona parte degli Stati membri dello Spazio economico europeo sussistono meccanismi extragiudiziali per la risoluzione delle liti in materia finanziaria. Obiettivo del procedimento extragiudiziale è risolvere una lite pendente fra il consumatore e il suo prestatore di servizi finanziari, una banca, per esempio, o una compagnia d’assicurazioni, un’impresa di investimento o altro ente creditizio. I procedimenti extragiudiziali sono sistemi alternativi che portano a decisioni non necessariamente paragonabili in tutto alle sentenze dei tribunali, pertanto non sostituiscono i procedimenti giudiziali. I procedimenti giudiziari ordinari sono spesso complessi e prolungati nel tempo. i sistemi extragiudiziali, invece, hanno l’ambizione di offrire al consumatore una soluzione rapida, poco onerosa e agevole, tale da dissuaderlo dall’adire le vie legali.  Gli organi extragiudiziali conoscono bene il settore particolare dei servizi finanziari e, anche se nei sistemi vigenti le loro decisioni non hanno sempre valore vincolante per le imprese, queste tendono a conformarvisi. Senza contare che, in quasi tutti i sistemi, il litigante che non sia soddisfatto del seguito dato al suo reclamo o dell’esito del procedimento può, in genere, percorrere successivamente l’iter giudiziale.

 

contratto a distanza: qualunque contratto avente per oggetto servizi finanziari, concluso tra un fornitore e un consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal professionista che impiega una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso;

 

tecnica di comunicazione a distanza: qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, possa impiegarsi per la conclusione del contratto tra le parti;

 

operatore di tecnica di comunicazione: la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, la cui attività professionale consiste nel mettere a disposizione dei professionisti una o più tecniche di comunicazione a distanza.

 

servizio finanziario: qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, di pagamento, di investimento, di assicurazione o di previdenza individuale. Per quanto riguarda i servizi bancari, è necessario prendere in considerazione le regole stabilite nel Testo Unico Bancario, le quali definiscono l’attività bancaria come raccolta di risparmio, esercizio di credito ed ogni altra forma di attività finanziaria (come deposito bancario, servizi di pagamento, apertura di credito);

 

fornitore: qualunque persona fisica o giuridica, soggetto pubblico o privato, che, nell’ambito delle proprie attività commerciali o professionali, fornisce servizi, prestazioni o opere commerciali. È il fornitore contrattuale dei servizi finanziari oggetto di contratti a distanza;

 

supporto durevole: qualsiasi strumento che permetta al consumatore di memorizzare informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere agevolmente recuperate durante un periodo di tempo adeguato ai fini cui sono destinate le informazioni stesse, e che consenta la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate;

 

reclamo del consumatore: una dichiarazione, sostenuta da validi elementi di prova, secondo cui un fornitore ha commesso o potrebbe commettere un’infrazione alla normativa sulla protezione degli interessi dei consumatori;

 

interessi collettivi dei consumatori: gli interessi di un numero di consumatori che sono stati o potrebbero essere danneggiati da un’infrazione.

 

consumatore: qualsiasi persona fisica che agisce per scopi estranei alla propria attività professionale, imprenditoriale o commerciale.

 

FIN-NET: Rete per la risoluzione extragiudiziale delle liti transfrontaliere in materia di servizi finanziari. Il mercato interno dei servizi finanziari al dettaglio offre al consumatore europeo una vasta gamma di prodotti finanziari. Il legislatore comunitario ha legiferato in svariati settori proprio per garantire a tutti la possibilità di avvalersi a suo vantaggio, in modo sicuro, del mercato interno. Il consumatore potrebbe tuttavia non sapere come far valere i propri diritti in modo semplice ed efficiente nel caso di una controversia, soprattutto se questa è di tipo transfrontaliero. Al fine di assistere il consumatore quando insorgano problemi nei rapporti con le imprese transfrontaliere, gli esistenti sistemi nazionali responsabili per la risoluzione delle controversie hanno costituito tale rete. Essa persegue tre specifiche finalità: 1. Fornire al consumatore un accesso agevole ed informato alla risoluzione extragiudiziale delle liti transfrontaliere. 2. Assicurare un efficiente scambio di informazioni tra i sistemi europei al fine di un trattamento delle liti transfrontaliere che sia il più rapido, efficiente e professionale possibile. 3. Provvedere a che i sistemi nazionali di risoluzione extragiudiziale delle liti di diversi Stati applichino una serie di garanzie minime comuni. Un consumatore che abbia in corso una lite con un prestatore di servizi finanziari estero vedrà generalmente trattata la sua controversia da un organo che opera nel paese nel quale ha sede il prestatore di servizi. Ciò consente una migliore esecuzione delle decisioni adottate a livello extragiudiziale, ma significa anche che il consumatore ha bisogno di essere assistito, se vuole intraprendere un ricorso transfrontaliero. La rete FIN-NET è concepita in modo che il consumatore possa contattare l’organo nazionale di risoluzione extragiudiziale nel proprio paese, anche nel caso di una lite con un prestatore di servizi finanziari all’estero.

 

Oggetto e campo di applicazione

 

L’introduzione delle nuove tecnologie dell’informazione e della telecomunicazione hanno causato profondi cambiamenti nel settore delle relazioni economiche. Il settore finanziario, nel quale l’informazione assume un ruolo centrale, ha risentito di queste trasformazioni, proprio per il fatto che i prodotti finanziari non sono beni fisici e costituiscono l’oggetto privilegiato per applicare la nuova tecnologia, la quale riduce tempi e costi. Le banche, grazie all’introduzione di internet, hanno deciso di introdurre le operazioni on-line, al fine di abbassare i costi. Naturalmente, ad oggi, questo tipo di servizio non può essere utilizzato da tutti, in quanto è necessaria una conoscenza delle nuove tecnologie e di internet. Inoltre, è opportuno sottolineare che un rapporto di fiducia tra la banca ed il consumatore che si sviluppa fuori dai luoghi tradizionali (gli sportelli e gli uffici delle banche), può nascere solo se riescono a garantire delle norme di sicurezza per lo svolgimento delle operazioni. Lo sviluppo delle vendite a distanza dei prodotti finanziari on-line, non può prescindere in altri termini da regole chiare e trasparenti. In Italia, già nel 1998, è stato emanato il TUF, il Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria, al fine di tutelare il consumatore in materia di contratti riguardanti prodotti finanziari ed investimenti. In particolare, il TUF si occupa di regolare la vendita a distanza di: strumenti finanziari in un luogo diversi dalla sede legale o di una sede di colui che emette o propone l’investimento; servizi e attività di investimento in un luogo diverso dalla sede legale o alle dipendenze di chi presta o promuove il sevizio o l’attività. Nei contratti per l’acquisto di prodotti finanziari conclusi fuori sede, l’efficacia è sospesa per 7 giorni, durante i quali l’investitore può comunicare la sua volontà di ripensare al contratto senza spese. L’esistenza del diritto di recesso deve essere comunicato al consumatore, attraverso una indicazione nei moduli o formulari utilizzati per la conclusione del contratto. Nel caso in cui nei contratti manchi questa indicazione, il consumatore può chiedere la nullità del contratto. È questa una ipotesi di “nullità di protezione”, che può essere fatta valere solo dal consumatore. Per promuovere e/o vendere i prodotti finanziari a distanza, il professionista utilizza delle tecniche di comunicazione che sono diverse dalla pubblicità, ma che potremmo definire “metodologie di contatto”, in cui non è necessaria la presenza fisica del venditore e del cliente. Il consumatore, nella fase delle trattative, prima di concludere il contratto, deve ricevere tutte le informazioni necessarie come: descrizione del servizio, modalità di pagamento, spese, rischi, diritto di recesso e modalità di ricorso. Queste informazioni devono essere fornite in modo chiaro e comprensibile e devono essere accompagnate da un supporto cartaceo (depliant, brochure) o da un cd che permetta di conservarle.

 

Ricorso giurisdizionale o amministrativo

 

Le associazioni dei consumatori iscritte nell’elenco, hanno il potere di proporre reclami alle autorità di vigilanza dei vari settori o ai giudici, al fine di vietare comportamenti che possano essere contrari agli interessi dei consumatori. Esiste anche un Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU). Esso è un organismo consultivo e propositivo che persegue lo scopo di promuovere un orientamento unitario in materia di tutela degli interessi dei consumatori e favorire il dialogo con il mondo imprenditoriale.

 

Legittimazione ad agire

 

La legittimazione ad agire viene riconosciuta alle associazioni dei consumatori, quando ci sia la violazione degli interessi collettivi dei soggetti loro associati. I soggetti che possono agire per tutelare gli interessi collettivi dei consumatori attraverso azioni legali contro i professionisti che abbiano adottato comportamenti che violano i loro diritti, sono: • associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell’elenco tenuto presso il Ministero dello Sviluppo Economico; • organismi ed organizzazioni riconosciuti in un altro stato dell’Unione Europea ed inseriti nell’elenco degli enti che possono proporre azioni a tutela degli interessi collettivi dei consumatori pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea. In ambito comunitario, gli Stati membri hanno ricevuto mandato di predisporre uno strumento processuale tale da permettere alle associazioni dei consumatori, ed altresì alle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, la salvaguardia dei diritti dei cittadini ed utenti in merito a lesioni da questi ultimi subite per l’applicazione di clausole vessatorie nei contratti da costoro stipulati. Tale tutela dovrebbe attuarsi tramite la previsione di un’azione collettiva, finalizzata ad evitare l’utilizzo di clausole abusive da parte dei contraenti più forti, per rendere la disciplina a tutela del consumatore sempre più completa ed efficace.In definitiva gli enti esponenziali sono gli unici soggetti ad essere legittimati ad agire chiedendo la pronuncia del relativo provvedimento, mentre il singolo consumatore - utente può solo ricorrere alle altre consuete diverse forme di tutela previste dalla legge. Ciascuna associazione di consumatori, ha la possibilità di adire il giudice italiano nel caso in cui prenda in carico il compimento di atti o comportamenti lesivi compiuti in danno di un consumatore, appartenente al medesimo Stato dell’associazione attrice.

 

Procedura

 

Le associazioni dei consumatori e degli utenti (inserite nell’elenco tenuto presso il Ministero dello Sviluppo Economico) e gli organismi ed organizzazioni riconosciuti in un altro stato dell’Unione Europea (inseriti nell’elenco degli enti legittimati a proporre azioni a tutela degli interessi collettivi dei consumatori), possono rivolgersi al tribunale, richiedendo i seguenti provvedimenti:

 

l’inibitoria: attraverso questo tipo di azione ci si rivolge al giudice, sottoponendogli un comportamento ritenuto lesivo dei diritti dei consumatori; il giudice, qualora accerti l’illegittimità

di tale prassi, può vietarla.

l’emissione di misure idonee a correggere e/o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate: tali misure rappresentano un rimedio autonomo rispetto all’inibitoria ed hanno la funzione di ristabilire lo stato di fatto preesistente alla violazione, mediante la condanna a porre in essere un’azione;

la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani: oltre all’inibitoria ed alle misure di cui si è scritto in precedenza, il giudice può anche ordinare la pubblicazione del provvedimento da lui emesso su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale nei casi in cui la pubblicità può contribuire ad eliminare o correggere gli effetti delle violazioni.

 

L’azione inibitoria non esclude la possibilità di un’azione individuale da parte dei consumatori, anche se colpiti dallo stesso danno. Prima del ricorso al giudice, è possibile attivare una procedura di conciliazione innanzi alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura o ad appositi organismi creati per la composizione extragiudiziale delle controversie (ossia al di fuori di un giudizio). Tale procedura, che viene definita entro sessanta giorni, si conclude  con un verbale di conciliazione tra le parti. Nel caso in cui non vengano rispettati gli obblighi previsti nel verbale di conciliazione, le parti possono rivolgersi al tribunale. La procedura di conciliazione può essere attivata anche dal soggetto al quale è stata chiesta la cessazione del comportamento lesivo. Gli organismi presso i quali esiste la possibilità di esperire, prima di rivolgersi al giudice, il tentativo di conciliazione, di natura preventiva e non obbligatoria e la cui procedura dovrebbe trovare definizione nel termine di sessanta giorni, sono le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura e gli altri organismi di composizione extragiudiziale delle controversie riguardanti beni di consumo.  Occorre che sia redatto processo verbale di conciliazione dell’attività svolta durante la fase di conciliazione, che lo stesso sia depositato per l’omologazione presso la cancelleria del tribunale del luogo in cui sia avvenuto il procedimento di conciliazione e che giudice competente chiamato a decidere in merito alla regolarità formale del processo verbale, ed alla sua dichiarazione di esecutività, sia il tribunale in composizione monocratica.

 

Azione collettiva risarcitoria

 

La legge finanziaria per il 2008 ha introdotto, all’interno del Codice del Consumo, un articolo attraverso il quale entra a far parte del nostro ordinamento un istituto fino ad allora sconosciuto: l’azione risarcitoria collettiva. Si tratta di un’azione finalizzata alla tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti (ove per utente s’intende il fruitore di servizi pubblici). Questo costituisce un fondamentale rafforzamento della tutela dei consumatori: infatti, mentre prima si prevedeva l’esercizio dell’azione inibitoria avanti al Tribunale in presenza, in via generale, di atti e comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti (quindi solo preventivamente), l’azione risarcitoria collettiva si caratterizza, per la sua funzione risarcitoria, ossia finalizzata a rimuovere gli effetti dannosi già prodotti. A tal riguardo, l’azione risarcitoria collettiva italiana si caratterizza per la circostanza che la legittimazione attiva, ossia la capacità di poter esercitare, in via processuale, tale azione, è riservata esclusivamente alle associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell’elenco presso il Ministero dello Sviluppo Economico (art. 137 codice consumo) o ad altri enti adeguatamente rappresentativi degli interessi collettivi dei consumatori. È quindi escluso l’esercizio di tale azione da parte del singolo consumatore od utente.

 

L’azione risarcitoria collettiva è esperibile in tali casi:

- lesione di diritti comuni a più consumatori ed utenti, nell’ambito dei rapporti giuridici relativi ai contratti conclusi mediante l’utilizzo di moduli o formulari, normalmente predisposti da imprese (rectius: professionisti), per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali (es: contratti assicurativi, contratti bancari, contratti di somministrazione, ecc.

- danni conseguenti ad illeciti extracontrattuali.

- pratiche commerciali scorrette o comportamenti anticoncorrenziali(accordi illeciti tra imprese, finalizzati ad alterare il corretto gioco della concorrenza e, quindi, a danneggiare i diritti collettivi dei consumatori).

 

Cosa si ottiene: l’esercizio dell’azione risarcitoria collettiva consente di ottenere dal Tribunale del luogo in cui ha sede l’impresa, una sentenza, in primo luogo, di accertamento del diritto al risarcimento del danno o alla restituzione di somme spettanti ai singoli consumatori o utenti colpiti dall’illecito. Non è una sentenza di condanna dell’impresa, più precisamente si tratta d’una sentenza di mero accertamento che, in caso di accoglimento della domanda, dichiara l’illegittimità della condotta posta in essere dall’impresa ed il conseguente diritto dei singoli al risarcimento del danno o alla restituzione di somme. Con la sentenza, il medesimo Tribunale , ove possibile, determina i criteri per procedere alla liquidazione del danno e l’importo minimo che deve essere corrisposto a ciascun consumatore, a condizione che  abbia espressamente aderito all’azione risarcitoria.

 

Cosa accade dopo la sentenza: come rilevato in precedenza, la sentenza, non essendo di condanna, comporta la necessità di determinare la somma da corrispondere al consumatore danneggiato. Si prevedono due modalità:

 

1) l’accordo: l’impresa soccombente presenta, nei 60 giorni successivi alla notificazione della sentenza, una proposta in ordine alla somma che è disposta a corrispondere ad ognuno dei danneggiati. Se la proposta è accettata dal singolo, questa costituisce titolo esecutivo (è quindi possibile agire direttamente sul patrimonio dell’impresa per ottenere l’effettivo pagamento di quanto contenuto nell’offerta);

 

2) se l’impresa non presenta la propria offerta nei termini ovvero se la proposta non viene accolta, su richiesta dei consumatori interessati, il Presidente del Tribunale istituise una Camera di Conciliazione, costituita da tre avvocati, chiamata a decidere le somme dovute e le modalità di pagamento. Appare, in realtà, improprio, parlare di Camera di Conciliazione, in quanto la gestione del contenzioso non coinvolge le parti che, tra l’altro, non sottoscrivono il verbale. Si privilegia questa modalità di risoluzione, nel caso di inerzia o inadempimento dell’impresa.

 

In ogni caso, il consumatore che non ritenga di avvalersi delle precitate procedure, può sempre agire individualmente per ottenere una sentenza di condanna (successiva, quindi, a quella di mero accertamento), dell’imprenditore. Le regole attuali permettono che l’azione possa essere promossa da ciascun componente della classe, anche mediante le associazioni (per esempio associazioni dei consumatori).Il consumatore può dunque agire individualmente o mediante un’associazione a cui conferisce mandato. È comunque comprensibile che le associazioni dei consumatori sono destinate ad avere un ruolo di primo piano nell’attività di tutela dei consumatori, in ragione del ruolo che esse hanno nell’ambito dell’azione inibitoria ed in ragione delle maggiori risorse che le associazioni hanno rispetto ad un singolo consumatore. Lo strumento dell’azione collettiva può essere considerata un’azione individuale a cui aderiscono altri soggetti danneggiati e che abbiano subito uno stesso danno, a beneficio, quindi di una specifica categoria. Il soggetto destinatario dell’azione è l’impresa. Oggetto della tutela sono i diritti individuali omogenei, espressione che intende “un diritto, dei singoli individui, che abbia fonte in un medesimo comportamento, ed abbia natura omogenea.

 

I diritti tutelati: • Diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che si trovano in una stessa situazione;  • Diritti spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore (l’ipotesi ingloba solo la responsabilità oggettiva del produttore per i danni causati da prodotti difettosi, escludendo l’applicazione per i casi di danno ambientale e alla salute subiti da una pluralità di soggetti e provocati dalla stessa impresa); • Diritti spettanti ai consumatori per il danno derivante da pratiche commerciali scorrette, pratiche commerciali ingannevoli e aggressive e comportamenti anticoncorrenziali. Si ritengono sanzionabili tutti i comportamenti che inducono in errore il consumatore o siano tali da fargli prendere una decisione che altrimenti non avrebbe mai assunto. Sono altresì punibili i comportamenti omissivi dell’impresa che non diano le informazioni utili e necessarie per prendere una decisione consapevole.

 

Composizione extragiudiziale delle controversie

 

Esistono mezzi di risoluzione delle controversie in materia di consumo - nascenti nei rapporti tra consumatori e professionisti - alternativi all’attività giudiziale ordinaria, ossia le Alternative Dispute Resolution o ADR, tra cui in particolare la conciliazione e l’arbitrato. Essi sono organi di composizione extragiudiziale e vengono considerati strumenti idonei alla risoluzione dei conflitti riguardanti beni di consumo.  meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie sono accomunati da alcune basilari e comuni caratteristiche, quali la ricerca di un accordo tra le parti, l’informalità, l’elasticità, l’assoluta riservatezza, i tempi brevi ed i costi limitati. Tali caratteristiche rendono più vantaggioso ricorrere al loro utilizzo, rispetto al ricorso alla giustizia ordinaria. Questi meccanismi devono altresì rispettare alcuni principi, ossia indipendenza degli organi amministranti, garanzia del contradditorio, trasparenza relativamente a costi, modalità di adozione delle decisioni e valore giuridico delle stesse, efficacia nel senso di reale utilità del ricorso a metodo extragiudiziale, legalità, libertà, in quanto la decisione potrà vincolare solo i soggetti che siano stati informati ed abbiano accettato la stessa, rappresentanza nel senso del diritto, riconosciuto alle parti di farsi rappresentare od accompagnare da un terzo durante la procedura. Inoltre le parti devono ricevere informazioni idonee in merito alla facoltà di rifiutare, partecipare o recedere in qualunque momento dalle procedure extragiudiziali, all’eventuale scopo di adire la giustizia ordinaria od attivare un ulteriore meccanismo di risoluzione alternativa delle controversie. Il rispetto dei principi si qualificherebbe come garanzia di uno standard minimo di qualità dell’azione, che troverebbe conferma nell’imposizione agli organismi pubblici e privati, gestori degli apparati di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, di iscriversi in un apposito elenco previsto secondo le disposizioni stabilite dal Ministero dello Sviluppo Economico d’intesa con il Ministero della Giustizia. Tra gli organi di composizione extragiudiziale delle controversie, sono inclusi anche le commissioni arbitrali e conciliative delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura. Viene così attribuita, agli enti camerali, una nuova e specifica funzione di protezione e potenziamento delle forme di risoluzione alternativa delle controversie; tale ruolo attribuito ha la sua motivazione nel fatto che questi organismi hanno anche funzioni di regolazione del mercato.

Il legislatore aveva già provveduto a legittimare le associazioni di consumatori ed utenti, rappresentative a livello nazionale, ad utilizzare la procedura di conciliazione istituita presso le Camere di Commercio con lo scopo di risoluzione delle controversie collettive.

 

La Camera Arbitrale ha per scopi:

 

- lo sviluppo, la diffusione e la formazione della cultura arbitrale e degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nei loro aspetti teorici e tecnici, promuovendo a tal fine tutte le opportune iniziative;

- promuovere, in particolare, l'uso dell'arbitrato, interno e internazionale, quale mezzo preferenziale per la soluzione delle controversie conformandosi, quanto all’arbitrato internazionale, alla prassi e alle convenzioni internazionali, nonché alle risoluzioni e raccomandazioni delle Nazioni Unite per il Diritto Commerciale Internazionale (“UNCITRAL”);

- organizzare ed amministrare procedimenti di arbitrato nazionale ed internazionale e, comunque, di risoluzione alternativa delle controversie;

- attivare contatti sul piano nazionale e internazionale con organismi arbitrali già esistenti e con ogni altra organizzazione pubblica o privata per il conseguimento degli scopi di cui sopra;

- studio, diffusione, e formazione nell'ambito del diritto della proprietà industriale ed intellettuale.

 

Conciliazione delle camere di commercio

 

La conciliazione è uno strumento di risoluzione delle controversie, nel quale un soggetto neutrale, il conciliatore, aiuta le parti a raggiungere un accordo. Si tratta di un modo semplice e rapido per risolvere le liti, dove nessuna decisione viene imposta. I vantaggi della conciliazione sono:

 

- volontarietà : nessuno è obbligato a parteciparvi e può essere interrotta in ogni momento;

- rapidità ed economicità : i costi sono contenuti e predeterminati;

- semplicità ed informalità : non è un processo, ma un incontro tra le parti;

- riservatezza : le parti si impegnano a non divulgare le informazioni relative al caso trattato;

- efficacia : le parti decidono, insieme al conciliatore, raggiungono molto spesso un accordo.

 

In relazione all’avvio del servizio di conciliazione, il soggetto interessato deve presentare domanda di attivazione alla Segreteria, che ne dà comunicazione alla controparte, invitandola ad accettare. Se la controparte rifiuta, il procedimento si conclude. Se, invece, la controparte accetta, la Segreteria provvede alla nomina del conciliatore e all’organizzazione dell’incontro.

 

L’incontro può concludersi in due modi: - le parti raggiungono una soluzione di reciproca soddisfazione; - le parti non raggiungono un accordo e possono attivare la procedura arbitrale o di rivolgersi al giudice ordinario.

 

Il conciliatore non decide la controversia, ma aiuta le parti a trovare un accordo, in quanto è un professionista, iscritto in un apposito elenco, con conoscenza delle tecniche conciliative e di comunicazione, acquisite anche attraverso la partecipazione a corsi di formazione obbligatori.

 

Problemi d'accesso dei singoli consumatori alla giustizia.

 

I cittadini che vogliono ricorrere alla giustizia in materia di consumo incontrano ostacoli di ordine materiale quali: - costi elevati della consultazione giuridica e della rappresentanza; - lunghezza dei termini prima che si pervenga ad un giudizio. I consumatori debbono inoltre affrontare ostacoli di ordine psicologico dovuti al formalismo delle procedure giudiziarie e alla complessità di tali procedure, in particolare nel contesto di controversie transnazionali. Ne deriva che nella maggior parte delle controversie in materia di consumo, il limitato valore economico dell'oggetto della controversia rende eccessiva la durata del procedimento giudiziale e sproporzionati i suoi costi. Spesso, i consumatori rinunciano a far valere i loro diritti. C’è bisogno di una semplificazione delle procedure giudiziarie, ad esempio rendendo facoltativo l'intervento di un avvocato e incoraggiando i tentativi di conciliazione dinnanzi a un giudice. Occorre poi migliorare la comunicazione tra i consumatori e i professionisti. È necessario superare numerosi ostacoli: mancanza d'informazione, difficoltà di relazione, ecc. esistono, poi, procedure extragiudiziali come la mediazione, la conciliazione o l'arbitraggio.

 

Principi da rispettare per gli organi competenti in materia di composizione delle controversie

 

Il principio d'indipendenza è garantito in particolare dalle seguenti misure:

  • la persona designata possiede capacità e competenze necessarie allo svolgimento delle funzioni;
  • la persona designata gode di un mandato di durata sufficiente a garantire l'indipendenza della sua azione e non può essere destituita senza giustificato motivo;
  • la persona designata non ha svolto attività lavorative, nel corso dei tre anni precedenti la sua entrata in funzione, per l'associazione professionale o l'impresa che la retribuisce.

 

Il principio di trasparenza è garantito da varie misure, comprendenti:

  • la comunicazione a qualunque soggetto che lo richieda:
  • la pubblicazione di una relazione annuale relativa alle decisioni adottate.

 

Il principio d'efficacia comporta:

  • l'accesso del consumatore alla procedura senza l’obbligo di ricorrere al rappresentante legale;
  • la gratuità della procedura o il costo moderato della procedura;
  • termini brevi tra la presentazione del reclamo all'organo e l'adozione della decisione;
  • l'attribuzione di un ruolo attivo all'organo competente.

 

Il principio di legalità, secondo il quale l'organo extragiudiziale non può adottare una decisione che avrebbe come risultato di privare il consumatore della protezione che gli garantiscono le disposizioni imperative della legge dello Stato sul territorio del quale l'organo è stabilito, deve essere a sua volta rispettato. Inoltre, le decisioni debbono essere motivate.

 

I principi del contradditorio (possibilità per tutte le parti interessate, di far conoscere il proprio punto di vista e di prendere conoscenza di quello della parte avversa), di libertà (scelta del consumatore di aderire alla procedura extragiudiziale) e di rappresentanza devono a loro volta essere rispettati. La norma in esame offre la possibilità ai consumatori di rivolgersi ad organismi non giudiziali per la risoluzione delle controversie.

 

Negli ultimi anni si è assistito in Italia, come negli altri Paesi europei, ad un crescente interesse nei confronti dei sistemi di risoluzione delle controversie alternativi (c.d. ADR – Alternative Dispute Resolution) al ricorso all’autorità giudiziaria. Tra le differenti tipologie di A.D.R, la conciliazione va assumendo sempre più un ruolo primario nella trattazione delle controversie, grazie alle caratteristiche che la rendono uno strumento che ben si adatta alle esigenze della società moderna, sia per i tempi che per i costi. La conciliazione è un metodo di risoluzione alternativa delle controversie grazie al quale le parti in conflitto si confrontano, cercando di raggiungere un accordo soddisfacente per entrambe. Il confronto avviene con l’aiuto di un soggetto terzo neutrale, il conciliatore, che non emette un giudizio, ma ascolta le parti e le assiste, in modo che possano trovare una soluzione condivisa. La conciliazione indica una via diversa per la soluzione dei conflitti rispetto al ricorso al giudice. Si tratta di un procedimento volontario, riservato e non vincolante, che, nel caso giunga a buon fine, consente alle parti di evitare una causa. La conciliazione: • è rapida (ha tempi molto più brevi rispetto alla durata di un giudizio civile ordinario); •  è economica (il costo è notevolmente inferiore rispetto a quello di un processo civile); • guarda agli interessi reali (cerca soluzioni basate sui bisogni delle parti che hanno la possibilità di ascoltarsi e creare insieme l’accordo); • è priva di rischio: il ricorso alla conciliazione non preclude la possibilità di ricorrere alle forme tradizionali di risoluzione delle controversie.

 

Le Camere di Commercio sono una rete (seppur non l’unica) molto importante per la risoluzione di controversie commerciali tra imprese e tra imprese e consumatori. Il modello del servizio di conciliazione camerale è fissato nel “Regolamento unico di conciliazione” che garantisce omogeneità ed uniformità a livello nazionale, sia per quanto riguarda le tariffe, che la procedura. Si può ricorrere alla conciliazione presso le Camere di Commercio per la soluzione di controversie commerciali/economiche che possono insorgere tra imprese e tra imprese e consumatori. Le parti in conflitto possono ricorrere alla conciliazione prima di iniziare una causa, oppure può accadere che, a lite già iniziata, le parti decidano di tentare la strada conciliativa. La procedura di conciliazione può essere attivata sia dai consumatori, che dagli imprenditori. Chi vuole avviare il procedimento, deposita una domanda presso lo Sportello di Conciliazione della Camera della propria Provincia, indicando sinteticamente la tipologia della controversia, la materia del contendere, nonché le specifiche richieste. La Segreteria dello Sportello contatta la controparte, invitandola a rispondere entro 15 giorni. Solo se questa accetta di partecipare e invia la propria adesione, viene individuato un conciliatore da un’apposita lista. La data dell’incontro, che deve avvenire entro 30 giorni dal ricevimento dell’adesione. È altresì prevista l’ipotesi di una presentazione congiunta della domanda di conciliazione. Il conciliatore fissa l’incontro in una data possibilmente concordata tra le parti. È possibile che gli incontri siano più di uno. Compito del conciliatore, che può ascoltare le parti anche separatamente, è evitare che si crei un clima conflittuale e aiutare i contendenti a trovare una soluzione soddisfacente e condivisa da entrambi. Le parti partecipano all’incontro personalmente, solo in casi eccezionali possono inviare un proprio rappresentante. Possono farsi assistere da avvocati, rappresentanti delle associazioni di consumatori o di categoria. In ogni caso la Segreteria deve essere avvisata in anticipo su chi sarà presente all’incontro. Nel caso in cui si sia giunti ad un accordo, il verbale definisce la controversia ed ha, tra le parti, la medesima efficacia di un contratto. Nel caso in cui l’accordo non sia stato trovato, il verbale riporta l’esito negativo dell’incontro. Le parti possono abbandonare il procedimento e possono rivolgersi al giudice ordinario. Il procedimento di conciliazione è riservato; tutto ciò che viene detto nel corso dell’incontro non può essere registrato o verbalizzato, né utilizzato in eventuali successivi procedimenti contenziosi.

 

 

 

La natura e l'oggetto della mediazione: Per “mediazione” si intende l’attività svolta da un terzo imparziale di assistenza delle parti, finalizzata alla composizione della controversia al di fuori delle procedure giudiziarie. Per “conciliazione” si intende l’esito positivo del procedimento di mediazione. L’attività di mediazione è affidata ad appositi organismi di conciliazione, iscritti in un registro tenuto dal Ministero della Giustizia. Essa non preclude l’azione ordinaria. La mediazione è facoltativa e può essere attivata anche su invito che il giudice può formulare in qualsiasi momento del procedimento, tenendo conto della natura della causa, dello stato dell’istruzione e del comportamento delle parti. In ogni caso la mediazione non costituisce condizione di procedibilità dell’azione ed è esclusa la possibilità per il giudice di invitare le parti a procedervi per alcuni procedimenti specificamente indicati.

 

L'esito del procedimento: Nel caso di raggiungimento di un accordo, il mediatore forma il processo verbale, al quale è allegato l’accordo, sottoscritto dalle parti; se l’accordo non si raggiunge, il mediatore formula una proposta di conciliazione, che viene comunicata per iscritto alle parti, le quali hanno sette giorni di tempo per accettarla. Se le parti accettano la proposta di conciliazione, si forma il processo verbale; in caso contrario il mediatore redige comunque il processo verbale, che conterrà l’enunciazione della proposta.

 

Gli organismi di conciliazione: Gli organismi di conciliazione, possono essere costituiti da enti pubblici o privati che diano garanzie. Essi debbono essere iscritti in un apposito registro istituito presso il Ministero della Giustizia.

 

Nozione, limiti e tipologie di mediazione: La mediazione consiste nell’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più parti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia. Si tratta, in definitiva, di uno strumento per addivenire alla conciliazione (la mediazione è il mezzo; la conciliazione il fine) ed evitare così il giudizio in sede civile. Per quanto riguarda l’oggetto della mediazione, essa può riguardare qualsiasi controversia civile e commerciale che abbia ad oggetto diritti disponibili delle parti. Si prevedono prevede due forme di mediazione civile e commerciale: •  la prima, volta alla ricerca di un accordo amichevole per conciliare una controversia (c.d. mediazione compositiva); • la seconda, in caso di fallimento della prima, porta alla formulazione di una proposta per la risoluzione della controversia (c.d. mediazione propositiva). Si distinguono tre tipi di mediazione: la mediazione obbligatoria, quella volontaria e quella demandata dal giudice: 1. Obbligatoria:  la mediazione è condizione necessaria per poter avviare un processo. In questi casi, la parte che intende agire in giudizio ha l’obbligo di tentare la mediazione e deve essere informata dal proprio avvocato con un documento sottoscritto dall’assistito. 2. Facoltativa: le parti scelgono liberamente la via della composizione stragiudiziale della loro lite; questa tipologia potrà essere avviata dalle parti su base volontaria, sia prima che durante il processo 3. Demandata dal giudice: il giudice può invitare le parti a risolvere il conflitto davanti ad organismi di conciliazione, se la natura della causa e le risultanze dell’istruttoria lo suggeriscono. La durata del procedimento di mediazione è fissata in non più di quattro mesi. La mediazione ha luogo presso la sede dell’organismo di conciliazione prescelto o nel luogo indicato dal regolamento di procedura; tale criterio è derogabile con il consenso di tutte le parti, del mediatore e del responsabile dell'organismo. Presentata la domanda, il responsabile di quest’ultimo designa un mediatore nonché eventuali mediatori ausiliari per le controversie che richiedono specifiche competenze tecniche ovvero, eventualmente, esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il mediatore fissa il primo incontro tra le parti non oltre 15 giorni dal deposito della domanda. Il procedimento di mediazione è protetto da norme che assicurano alle parti la tutela della riservatezza rispetto alle dichiarazioni e alle informazioni emerse. Tali informazioni non saranno utilizzabili in sede processuale e il mediatore sarà tenuto al segreto professionale su di esse.

 

Esito della mediazione: I possibili risultati della mediazione sono i seguenti: 1)  raggiungimento di un accordo amichevole: il mediatore forma il processo verbale, al quale è allegato l’accordo, sottoscritto dalle parti; 2) mancato raggiungimento dell’accordo: il mediatore formula una proposta di conciliazione, che viene comunicata per iscritto alle parti, le quali hanno 7 giorni di tempo per accettarla o rifiutarla (il silenzio equivale al dissenso); prima della proposta il mediatore dovrà informare le parti sulle conseguenze di un rifiuto in relazione all’impossibilità di ripetizione delle spese processuali. -  se le parti accettano la proposta, su questa si forma il processo verbale; -  in caso contrario, il mediatore redige il verbale di mancato accordo che conterrà l’enunciazione della proposta e delle ragioni dell’insuccesso, dando atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione.

 

Spese processuali: Nel caso di fallimento della mediazione per mancata accettazione della proposta, si prevede una disciplina speciale delle spese del successivo giudizio civile: in particolare, a carico della parte vincitrice che non abbia accettato una proposta di mediazione integralmente corrispondente al successivo provvedimento giudiziario, sono previste l’imputazione delle spese processuali e la condanna a versare allo Stato, a titolo di sanzione processuale, una somma parametrata sul contributo unificato.