GARANZIE POST VENDITA

30/11/-0001

 

 

GARANZIE POST-VENDITA

Garanzie post-vendita: artt. 128-135 del Codice del Consumo.

Art.129 Conformità al contratto; Art.130 Diritti dei consumatori; Art.131 Diritto di regresso; Art.132 Termini; Art.133 Garanzia Convenzionale; Art.134 Carattere imperativo delle disposizioni; Art.135 tutela in  base ad altre disposizioni.

 

Progetto “INFORMACON” spesa finanziata dal Ministero Sviluppo Economico ai sensi del Decreto 28 maggio 2010

 

 

Articolo 128:  Ambito di applicazione e definizioni

 

1. Il presente capo disciplina taluni aspetti dei contratti di vendita e delle garanzie concernenti i beni di consumo. A tali fini, ai contratti di vendita  sono equiparati i contratti di permuta e di somministrazione nonché quelli di appalto,  di opera e tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre.

2. Ai fini del presente capo si intende per: a) beni di consumo: qualsiasi bene mobile, anche da assemblare, tranne: 1) i beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti secondo altre modalità dalle autorità giudiziarie, anche mediante delega ai notai; 2) l’acqua e il gas, quando non confezionati per la vendita in un volume delimitato o in quantità determinata; 3) l’energia elettrica;

b) venditore: qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di cui al comma 1; c) garanzia convenzionale ulteriore: qualsiasi impegno di un venditore o di un produttore, assunto nei confronti del consumatore senza costi supplementari, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare, o intervenire altrimenti sul bene di consumo, qualora esso non corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità; d) riparazione: nel caso di difetto di conformità, il ripristino del bene per renderlo conforme al contratto di vendita.

3. Le disposizioni del presente capo si applicano alla vendita di beni di consumo usati, tenuto conto del tempo del pregresso utilizzo, limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale della cosa.

 

La direttiva mira ad un duplice scopo: incentivare la realizzazione del mercato europeo (eliminando gli ostacoli che non consentano la piena attuazione della libera circolazione delle merci e l’effettiva instaurazione di un mercato concorrenziale) e introdurre un elevato livello di protezione dei consumatori, tutelandone gli interessi economici (con la protezione e la promozione del diritto a ricevere beni conformi alle previsioni contrattuali) e promuovendo il loro diritto all’informazione (con l’imposizione di una corretta e trasparente formulazione delle garanzie commerciali offerte da produttori e venditori). Il differente potere contrattuale delle parti emerge sia dall’impossibilità per il consumatore di modificare il regolamento contrattuale predisposto dall’operatore economico e, ancora prima, dallo squilibrio esistente tra le parti sul piano informativo, che pone il consumatore in una evidente posizione di svantaggio. Restano esclusi dall’ambito di applicazione della garanzia legale, i contratti stipulati tra privati o tra professionisti. L’ambito di applicazione oggettivo della disciplina in esame è quello dei contratti di vendita che trasferiscano beni di consumo, dei contratti di permuta e somministrazione e dei contratti di appalto e di opera aventi ad oggetto tali beni. La garanzia legale si applica a tutti i contratti di vendita di beni di consumo, conclusi sia verbalmente che per iscritto, tra consumatori e venditori. Ciò consente di ricomprendervi tutti i casi particolari di vendita. L’unica condizione è che il trasferimento del bene avvenga a titolo oneroso. La legge estende la tutela anche a tutti i contratti equiparati, finalizzati alla fornitura di beni di consumo: • i contratti di permuta (es. scambio di prodotti); • i contratti di somministrazione (es. fornitura settimanale di bottiglie d’acqua); • i contratti di appalto (es. l'installazione di pavimenti); • i contratti d’opera (es. un mobile su misura per la propria abitazione o un vestito sartoriale). Restano esclusi quei contratti in cui non avviene il trasferimento della proprietà (es. locazione) o in cui non vi sia pagamento di un corrispettivo (es. comodato). L’applicazione è esclusa anche per i contratti di leasing finanziario, per la difficoltà di identificare il venditore. In sostanza l’ambito di applicazione della disciplina si estende a qualunque acquisto o richiesta di fornitura di beni mobili.

 

Bene di consumo: è qualsiasi bene mobile, anche da assemblare, acquistato da un consumatore (anche le singole parti). Il bene non deve essere per forza un bene materiale e, quindi, rientra anche la vendita di beni immateriali, come il software. Non rientrano nel concetto: i beni venduti attraverso le autorità giudiziarie (sono sottratti all’applicazione di tali regole in quanto vengono messi sul mercato attraverso canali non tradizionali); l’acqua ed il gas,  a meno che non vengano confezionati per la vendita di determinate quantità (es. acqua in bottiglia o il gas in bombola); l’energia elettrica. La disposizione, che definisce i beni di consumo come beni mobili, non fa riferimenti alla materialità, estendendosi così anche ai contratti aventi ad oggetto beni immateriali.

 

Particolari categorie di beni. Rientrano tra i beni di consumo i prodotti al minuto e non quelli destinati al mercato dell’ingrosso, destinati ad essere oggetto di nuovo commercio da parte di soggetti professionali (a meno che il consumatore finale possa dimostrare di aver agito per scopi privati. Per quanto attiene alla vendita di programmi per elaboratori elettronici e software, nella legge italiana scompare il riferimento alla natura materiale del bene. Il software, quindi, è tutelato al pari di tutti i beni mobili. Nessun’altra sottrazione alla disciplina generale può essere fatta. Rientrano, quindi, nella garanzia, beni artigianali, artistici e del fallimento, prodotti farmaceutici, generi di monopolio, agricoli e ortofrutticoli, carburanti, cacciagione, prodotti ittici e del terreno, prodotti oggetto di fiere campionarie. Anche tutti i beni elettronici, quindi anche i telefoni cellulari, sono soggetti alla garanzia legale. Tra i beni oggetto di garanzia legale, la legge comprende anche i beni usati, e si estende ad un periodo non inferiore ad un anno. Si deve tener conto del tempo del pregresso utilizzo, limitatamente ai difetti non derivati dall’uso normale della cosa.

 

Beni acquistati “in saldo”. Nonostante spesso vengano affissi avvisi sulle vetrine e all’interno dei negozi che negano la possibilità di sostituire la merce, tutti i beni di consumo (vestiti, elettrodomestici, etc.) che siano stati acquistati in periodo di saldi e di vendite promozionali, restano ugualmente soggetti alla tutela della garanzia legale. Vanno precisate le differenze tra diritto di ripensamento, garanzia legale e insoddisfazione del consumatore. Il diritto di ripensamento (o di recesso) opera per i contratti stipulati tra privati e operatori commerciali al di fuori della sede dei locali commerciali (vendite porta a porta, per corrispondenza, ordini su cataloghi, televendite, ecc.).

 

Venditore: è qualsiasi persona fisica o giuridica (ad esempio una società), pubblica o privata, che esercita una attività imprenditoriale o professionale consistente nella vendita di beni di consumo, o la cui attività si svolge attraverso la conclusione di contratti di fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre (si fa riferimento anche ai già citati contratti di permuta, di somministrazione, nonché a quelli di appalto e di opera). È qualsiasi fornitore professionale che stipuli un contratto riconducibile alle tipologie di cui al comma 1° dell’articolo in esame. La definizione quindi riprende ed amplia quella di professionista prevista dal comma 1°, lettera c), dell’art. 3 del CDC.

 

Garanzia convenzionale ulteriore: è qualsiasi garanzia offerta da un venditore o da un produttore che si aggiunge a quella esistente per legge (c.d. garanzia legale). In particolare, essa consiste nell’impegno da parte del venditore o produttore, senza oneri aggiuntivi per il consumatore, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare o intervenire sul bene di consumo, tutte le volte in cui lo stesso non corrisponda alle condizioni presenti nella garanzia o annunciate attraverso la pubblicità. Tale strumento viene utilizzato dal venditore o dal produttore proprio per invogliare il consumatore alla scelta del proprio prodotto in virtù della più ampia tutela che gli viene offerta. La garanzia legale rappresenta il livello minimo ed inderogabile di tutela e la garanzia convenzionale ulteriore amplia la tutela del consumatore oltre il contenuto della garanzia legale, prevedendo regole di trasparenza per informazioni e pubblicità relative alla dichiarazione convenzionale di garanzia.

 

Riparazione: è un intervento sul bene di consumo al fine di renderlo conforme alle previsioni contenute nel contratto di vendita. La definizione riproduce il concetto di ripristino della conformità del prodotto, così come previsto ex art. 130, in cui si ricomprendono sia la riparazione sia la sostituzione del bene medesimo. Il comma 3° prevede l’estensione della garanzia di conformità, riconosciuta per la vendita dei beni di consumo, ai beni usati – ossia prodotti progressivamente utilizzati prima della vendita, ma in ogni caso idonei all’uso cui servano abitualmente, ritenuti conformi al contratto se il loro stato sia conforme, per qualità e funzionalità, a quello solitamente presente in un bene avente la durata d’uso dichiarata o risultante al momento della vendita.

 

Articolo 129:  Conformità al contratto

 

1. Il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita.

2. Si presume che i beni di consumo siano conformi al contratto se, ove pertinenti, coesistono le seguenti circostanze: a) sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;  b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello; c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull’etichettatura; d) sono altresì idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti.

3. Non vi è difetto di conformità se, al momento della conclusione del contratto, il consumatore era a conoscenza del difetto non poteva ignorarlo con l’ordinaria diligenza o se il difetto di conformità deriva da istruzioni o materiali forniti dal consumatore.

4. Il venditore non è vincolato dalle dichiarazioni pubbliche di cui al comma 2, lettera c), quando, in via anche alternativa, dimostra che: a) non era a conoscenza della dichiarazione e non poteva conoscerla con l’ordinaria diligenza; b) la dichiarazione è stata adeguatamente corretta entro il momento della conclusione del contratto in modo da essere conoscibile al consumatore; c) la decisione di acquistare il bene di consumo non è stata influenzata dalla dichiarazione.

5. Il difetto di conformità che deriva dall’imperfetta installazione del bene di consumo è equiparato al difetto di conformità del bene quando l’installazione è compresa nel contratto di vendita ed è stata effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilità. Tale equiparazione si applica anche nel caso in cui il prodotto, concepito per essere installato dal consumatore, sia da questo installato in modo non corretto a causa di una carenza delle istruzioni di installazione.

 

La norma analizza l’aspetto dell’obbligo di conformità dei beni al contratto di vendita, enunciando il principio di conformità al contratto - previsto dall’art. 2, comma 1°, della direttiva 1999/44/CE, ispirata all’art. 35 della Convenzione di Vienna 11.4.1980, ossia della legge uniforme sulla vendita internazionale - ed imponendo al venditore di consegnare al consumatore prodotti conformi al contratto stipulato. L’articolo in esame elenca e distingue i casi in cui viene presunta la conformità rispetto al contratto di vendita del bene, indicando semplicemente quale possa essere, in mancanza di prova contraria, il contenuto del contratto rispetto al quale valutare la mancanza di conformità. In sostanza, più preciso risulta essere il contenuto del contratto e più semplice sarà determinare se il prodotto consegnato sia o meno conforme, in quanto, fino a prova contraria, il contenuto del contratto si presume consideri una serie di elementi valevoli quali criteri di riferimento per stimare la conformità del bene rispetto al contratto. Tali presunzioni riproducono un elenco avente carattere cumulativo e, quindi, la mancanza anche di uno solo di essi, determina la non conformità del prodotto al contratto e legittima il consumatore ad agire per ottenere i rimedi previsti dall’art. 130. Il consumatore, tuttavia, in base al principio dell’onere della prova stabilito dall’art. 2697 del Codice Civile, dovrà dare prova del fatto che il difetto di conformità esistesse al momento della consegna del prodotto. Lo scopo della nuova disciplina è quello di tutelare la fiducia dell'acquirente verso il rispetto, ad opera della controparte, delle condizioni contrattuali stabilite. Si presumono, per legge, conformi al contratto i beni di consumo consegnati se esistono le seguenti circostanze: -  essi sono idonei all'uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo; -  sono conformi alla descrizione fatta dal venditore; -  presentano le qualità delle prestazioni medie che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto anche delle dichiarazioni rese pubbliche con la pubblicità o con le etichette; - sono idonei all'uso particolare voluto dal consumatore, comunicato al venditore e da questi accettato. Le disposizioni si applicano anche alla vendita di beni di consumo usati. - Il comma 3° descrive l’ipotesi in cui non vi sia difetto di conformità per la sussistenza, al momento della conclusione del contratto, di determinate circostanze escludenti la responsabilità del venditore, ossia condizioni che non permettano al consumatore di far valere il difetto di conformità. - Il comma 4° prevede altre ipotesi di non responsabilità del venditore per le dichiarazioni pubbliche da costui rese sulle caratteristiche dei prodotti oggetto del contratto di vendita, se riesca a dimostrare di non essere stato a conoscenza di tali dichiarazioni, che le dichiarazioni siano state corrette in modo appropriato e che le stesse non abbiano influenzato la decisione del consumatore di acquistare il bene. - Il comma 5° determina che venga garantita al consumatore una forma di tutela anche quando il difetto di conformità abbia la propria causa nell’istallazione non eseguita in maniera adeguata, sia che alla stessa abbia provveduto il venditore, sia che abbia provveduto il consumatore. La normativa, quindi, equipara la scorretta installazione del bene ad un difetto di conformità.

 

I beni di consumo sono conformi al contratto se: • del bene consegnato può farsi quell’utilizzo standard caratteristico del tipo di merce al quale esso appartiene; • le caratteristiche funzionali e qualitative corrispondano alla descrizione che ne viene fatta al momento del contratto di vendita; • le qualità del bene consegnato corrispondono a quelle del campione o modello presentato dal venditore; • le caratteristiche del prodotto dichiarate sono effettivamente presenti nel bene che viene consegnato all’acquirente; • sono idonei all’uso particolare voluto dal consumatore. Una volta elencati i parametri di conformità, la norma prevede determinate ipotesi che escludono sempre e comunque il difetto di conformità. In particolare, non vi è difetto di conformità se al momento della conclusione del contratto: • il consumatore era a conoscenza del difetto di conformità; • il difetto di conformità era facilmente riconoscibile; • il difetto di conformità deriva da istruzioni o materiali forniti dal consumatore. Quando un bene di consumo, oltre ad essere consegnato, deve anche essere installato per espressa previsione contenuta nel contratto di vendita, l’imperfetta installazione fatta dal venditore, o avvenuta comunque sotto la sua responsabilità, viene considerata come un difetto di conformità del bene stesso. Il bene sarà considerato non conforme al contratto perché installato in modo errato. Analogamente, qualora il bene è stato concepito per essere installato dal consumatore e le istruzioni di installazioni sono carenti tanto da comportare un’imperfetta istallazione, il bene sarà considerato non conforme al contratto.

 

Articolo 130:  Diritti del consumatore

 

1. Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.

2. In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8, 9.

3. Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o

eccessivamente oneroso rispetto all’altro.

4. Ai fini di cui al comma 3 è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto: a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità; b) dell’entità del difetto; c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.

5. Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene.

6. Le spese di cui ai commi 2 e 3 si riferiscono ai costi indispensabili per rendere conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano d’opera e per i materiali.

7. Il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni: a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5; c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.

8. Nel determinare importo della riduzione e somma da restituire, si tiene conto dell’uso del bene.

9. Dopo la denuncia del difetto di conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti: a) qualora il consumatore abbia già richiesto uno specifico rimedio,  il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto; b) qualora il consumatore non abbia già richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo.

10. Un difetto di conformità di lieve entità per il quale non è stato possibile, o è eccessivamente oneroso esperire i rimedi di riparazione o sostituzione, non dà diritto alla risoluzione del contratto.

 

La norma sanziona la responsabilità del venditore per difetti di conformità riscontrabili all’atto della consegna, ossia del reale ingresso del bene nella concreta disponibilità del consumatore, il quale ha la possibilità di esperire alcuni rimedi per la tutela dei propri interessi nel caso di non conformità, quali la richiesta della riduzione del prezzo o della risoluzione del contratto e della riparazione o sostituzione del prodotto. La mancata conformità al contratto comporta per il consumatore il diritto ad alcuni rimedi. Egli può chiedere che la cosa venga resa conforme a quanto pattuito, senza sue spese, mediante riparazione o sostituzione, salvo che ciò sia divenuto impossibile o sia eccessivamente oneroso per il venditore. In alternativa, può chiedere la riduzione del prezzo, da ricondurre a proporzione con l'effettivo valore della cosa ricevuta o la risoluzione del contratto. In caso di difetto, a norma dell’art. 130, comma 2, Cod. cons., il consumatore ha diritto al ripristino senza spese della conformità mediante riparazione o sostituzione (rimedi “primari”), ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto (rimedi “secondari”).

 

I rimedi primari: sostituzione e riparazione del bene. Sia la riparazione che la sostituzione devono essere realizzate in modo completamente gratuito senza spese di spedizione, di manodopera, di materiali. La scelta tra riparazione o sostituzione spetta al consumatore, a condizione che il rimedio richiesto non sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro (3 comma): tale sarebbe quello che imponga al venditore spese irragionevoli, tenendo conto del valore originario del bene, dell’entità del difetto, ma anche dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore (4 comma). La legge prevede che la scelta del rimedio spetti all’acquirente. I rimedi primari devono essere adempiuti entro un termine congruo dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, “tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale l’ha acquistato”, pena la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo.

 

I rimedi secondari: riduzione del prezzo e risoluzione del contratto. In caso di esito negativo della tutela attuabile attraverso i rimedi primari, l’art. 130, comma 7, Cod. Cons. prevede che il consumatore possa richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti circostanze: a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione nel congruo termine di cui al comma; c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore. Ciò accadrà tutte quelle volte che il consumatore lamenti di aver irrimediabilmente perso la fiducia nel prodotto originariamente acquistato o magari nello stesso rivenditore.

 

Un caso particolare è quello in cui il consumatore ha acquistato il bene di consumo tramite un finanziamento erogato da un altro soggetto (una banca, una finanziaria). In tali casi il contratto di finanziamento configura la fattispecie del mutuo di scopo, ossia il contratto in forza del quale una parte si obbliga a fornire i capitali necessari al conseguimento di un bene o servizio da acquisire mediante un altro contratto, mentre l’altra parte si obbliga a restituire, nel termine previsto, somma ricevuta e interessi pattuiti. Se il venditore è inadempiente e il consumatore esercita il diritto di sciogliere il contratto, la cosa si ripercuote nel contratto di finanziamento determinandone la risoluzione o, comunque, l’invalidità. Tra il contratto di mutuo di scopo ed il contratto che dallo stesso è finanziato si instaura un collegamento negoziale che genera una fattispecie contrattuale complessa per il perseguimento di un’unica funzione economico-sociale. Tra i due contratti si realizza un nesso di reciproca interdipendenza e coordinazione, per cui le vicende dell’uno si ripercuotono su quelle dell’altro, condizionandone validità ed efficacia. In casi simili, grava sul venditore l'obbligo di restituire la somma. Dichiarata la risoluzione del contratto principale per inadempimento del venditore, è risolto anche il contratto di finanziamento con la banca o finanziaria che sia e l’acquirente è sciolto dalle relative obbligazioni.

 

- La riparazione, intesa quale apporto delle modifiche necessarie e sufficienti a ripristinare la conformità del prodotto al contratto, è reputata dalla dottrina rimedio ottimale, poiché permette con la medesima soluzione di conservare il contratto, salvaguardare l’interesse del consumatore di ottenere un prodotto conforme al contratto stipulato e produrre un effetto liberatorio per il venditore. Il rimedio in questione viene applicato anche nelle ipotesi di difettosa installazione del bene, realizzata dal venditore o dal consumatore, e di difettosa esecuzione del contratto di installazione, quale contratto distinto rispetto a quello di vendita. - La sostituzione, considerata rimedio alternativo alla riparazione, viene qualificata come rimpiazzo del prodotto consegnato non conforme con un prodotto nuovo conforme al contratto e fa nascere l’obbligo di restituzione del bene non conforme in capo al consumatore che abbia fatto richiesta della stessa. Il venditore deve provvedere alla riparazione od alla sostituzione del bene, senza addebitare costi, in un tempo congruo, considerando la natura del bene e lo scopo per cui sia stato acquistato dal consumatore.

 

I due rimedi ripristinatori quindi hanno due caratteristiche comuni, quali la gratuità (in quanto non sono previste spese a carico del consumatore, ossia quei costi indispensabili per rendere conforme il prodotto previsti dal comma 6°), e la tempestività (come congruità del termine, ovvero tempo necessario per effettuare riparazione o sostituzione, valutata in relazione alla specie del bene ed alla finalità per la quale il consumatore abbia comprato il prodotto in questione). Il compratore, tuttavia, nelle ipotesi previste dal comma 7°, può chiedere che venga applicato a sua scelta uno dei rimedi sussidiari, ossia la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. Il comma 8° statuisce che, per determinare l’entità della riduzione del prezzo e la quantificazione dell’importo che il venditore debba restituire al consumatore, sia necessario valutare l’utilizzo del prodotto fatto dal consumatore prima di esperire i rimedi, con riferimento ai vantaggi derivati a quest’ultimo. Il comma 9°, con la funzione di ridurre i contenziosi giudiziari e favorire gli accordi stragiudiziali, disciplina la possibilità riconosciuta al venditore, quando vi sia denuncia del difetto di conformità da parte del consumatore, di offrire a tale consumatore un qualsiasi rimedio disponibile, a sua scelta, lasciando al consumatore la facoltà di respingere il rimedio offerto se ne abbia prontamente proposto uno alternativo, così giustificando e ritenendo legittimo un suo eventuale rifiuto. In ogni caso, come stabilito dal comma 10°, il diritto di richiedere la risoluzione non è esperibile se si tratti di difetto di lieve entità e non sia stato possibile o sia troppo oneroso esperire il rimedio della riparazione o sostituzione. Si ritiene che, pur esistendo una gerarchia di rimedi applicabili in presenza di un difetto di conformità, tale lista non sia tassativa e pertanto non impedisca di esperire altri rimedi ulteriori previsti dal Codice Civile, quali la diffida adempiere, la richiesta del risarcimento del danno, l’eccezione di inadempimento e la sospensione del pagamento del prezzo.

 

Articolo 131:  Diritto di regresso

 

1. Il venditore finale, quando è responsabile nei confronti del consumatore a causa di un difetto di conformità imputabile ad un’azione o ad un’omissione del produttore, di un precedente venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di qualsiasi altro intermediario, ha diritto di regresso, salvo patto contrario o rinuncia, nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili facenti parte della suddetta catena distributiva.

2. Il venditore finale che abbia ottemperato ai rimedi esperiti dal consumatore, può agire, entro un anno dall’esecuzione della prestazione, in regresso nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili per ottenere la reintegrazione di quanto prestato.

 

La norma disciplina l’azione di regresso quale specifica e settoriale tutela di quei soggetti professionalmente organizzati nell’ambito dei sistemi di produzione e distribuzione standardizzati - come il venditore finale - cui viene riconosciuto il diritto di regresso nei confronti di produttore o precedente venditore od altro intermediario. Tali soggetti devono quindi essere ritenuti responsabili per un difetto di conformità attribuibile ad un’azione od un’omissione di altri individui, facenti parte della stessa catena contrattuale distributiva, essere chiamati a rispondere della situazione ed aver provveduto secondo la disposizione in esame. L’azione sarebbe di natura extracontrattuale, in quanto il diritto di regresso sorgerebbe indipendentemente dall’assunzione di una obbligazione contrattuale, ossia si tratterebbe di un caso di responsabilità oggettiva derivante automaticamente dal fatto che il difetto di conformità sia imputabile all’azione o all’omissione di produttore o precedente venditore od altro intermediario, prescindendo dall’elemento della colpa.

 

Soggetti legittimati passivi dell’azione: con riferimento alla definizione di produttore, vengono inclusi nella categoria in questione tutti i soggetti che abbiano partecipato alla realizzazione del prodotto venduto e concorso alla determinazione del difetto di conformità. Il venditore finale viene così legittimato ad agire in regresso, senza preclusioni, nei confronti di ogni singolo eventuale anello della catena contrattuale distributiva, ritenuto responsabile del danno. In considerazione della specificità della tematica in oggetto, si reputa che il venditore abbia la possibilità di agire direttamente ed esclusivamente nei confronti del vero responsabile del difetto.

 

Oggetto dell’azione di regresso: l’azione permetterebbe al venditore di ottenere la reintegrazione di quanto prestato al consumatore a causa del difetto di conformità; tuttavia una parte della dottrina ritiene che costui possa essere reintegrato dei danni patrimoniali subiti e delle spese effettuate per riparare o sostituire il bene difettoso, anche se il regresso potrà avere ad oggetto solo la prestazione realmente fornita al consumatore finale danneggiato. Il venditore finale deve esercitare il diritto di regresso entro il termine di un anno dall’esecuzione della prestazione nei confronti del consumatore e ha l’onere di dimostrare che il difetto di conformità esisteva già al momento della consegna della merce da parte del produttore e del venditore intermedio. In ogni caso, sono previste deroghe contrattuali all’esercizio dell’azione di regresso; infatti, le parti hanno facoltà di apportare limitazioni contrattuali all’azione di regresso, disponendo che il venditore finale abbia diritto di regresso, salvo patto contrario o rinuncia, che potranno essere fatti valere nei suoi confronti solamente se da costui abbia accettato la clausola di rinuncia o limitativa dell’azione nei confronti di tutti i soggetti della catena distributiva.

 

La norma contiene una forma di tutela per il venditore che appartiene ad una catena distributiva (venditore finale), ossia per il professionista che non produce direttamente il bene per venderlo, ma che è preceduto da altri soggetti, quali un precedente venditore, un intermediario, un produttore. In particolare, il fine di tale norma è quello di tutelare il venditore finale dalle conseguenze di avere venduto al consumatore un bene difettoso, senza che ci sia una sua responsabilità. Può accadere infatti che il difetto riscontrato da un acquirente non sia da attribuire a chi lo vende, ma dipenda dalle azioni o dai comportamenti degli altri soggetti appartenenti alla catena distributiva (come per esempio il produttore). Colui che però risponde in prima persona nei confronti del consumatore di eventuali difetti di conformità del bene acquistato è sempre il venditore finale, il quale è obbligato ad offrire all’acquirente uno dei rimedi previsti dalla legge (riparazione, sostituzione, riduzione del prezzo, risoluzione del contratto). In ragione di ciò, la norma prevede il diritto di rivalsa del venditore, ossia costui può chiedere al soggetto veramente responsabile (produttore o distributore) di farsi carico delle spese o degli oneri che egli ha dovuto sopportare. I presupposti per i quali il venditore finale possa esercitare il suo diritto di regresso nei confronti del soggetto responsabile sono due: il consumatore ha richiesto al venditore di rispondere del difetto di conformità del prodotto; la non conformità deriva da un difetto imputabile al produttore o ad altro soggetto della catena distributiva. Se si acquista un bene qualsiasi presso un’attività commerciale, e si accerta che l’apparecchio venduto presenta dei difetti, anche se il difetto è da attribuire alla casa produttrice, ci si rivolgerà direttamente al venditore che offrirà uno dei rimedi previsti dalla legge a seconda delle circostanze del caso. Se il venditore dovesse sostituire il bene difettoso, egli avrà poi diritto di chiedere a sua volta alla casa produttrice un altro cellulare in modo da rivenderlo e non perdere così i mancati guadagni derivanti da quello difettoso. Per ottenere la reintegrazione di quanto prestato dal soggetto responsabile, il venditore deve agire entro un anno da quando ha sostituito o riparato il bene, oppure da quando si è risolto il contratto o è avvenuta la riduzione del prezzo.

 

 

 

 

Articolo 132:  Termini

 

1. Il venditore è responsabile, a norma dell’articolo 130, quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene.

2. Il consumatore decade dai diritti previsti dall’art. 130, comma 2, se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto. La denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del difetto o lo ha occultato.

3. Salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità.

4. L’azione diretta a far valere i difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive, in ogni caso, nel termine di ventisei mesi dalla consegna del bene; il consumatore, che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può tuttavia far valere sempre i diritti di cui all’articolo 130, comma 2, purché il difetto di conformità sia stato denunciato entro due mesi dalla scoperta e prima della scadenza del termine di cui al periodo precedente.

 

La norma al comma 1° prevede che la durata massima della garanzia del venditore sia di due anni, con decorrenza dal giorno della consegna del prodotto al consumatore, ossia sancisce che il venditore sia considerato responsabile per il difetto di conformità del bene se tale difetto si manifesti nell’arco di due anni dalla consegna. Il consumatore, rinvenuto il difetto, per ottenere la garanzia in oggetto, deve denunciare il difetto di conformità al venditore nel tempo limite di due mesi dalla scoperta dello stesso, salvo il caso in cui il venditore abbia riconosciuto od occultato il difetto, ove la garanzia opera automaticamente, senza necessità di denuncia. Ai fini della garanzia, è necessario che la denuncia al venditore della non conformità del bene sia effettuata in forma scritta, precisa e puntuale nella descrizione dei vizi riscontrati e pervenga nei termini previsti dall'art. 1519 sexies c.c. (oggi art. 132 codice consumo). La garanzia può essere applicata nel caso in cui il consumatore si accorga che il bene acquistato non sia funzionante, o ci sia un malfunzionamento, oppure il prodotto sia diverso da quello ordinato o descritto nella pubblicità. In ogni caso, per poter denunciare qualsiasi difetto del prodotto acquistato, è indispensabile presentare lo scontrino comprovante l’acquisto. È, quindi, necessario richiedere sempre l’emissione dello scontrino all’atto dell’acquisto e conservarlo, come prova dell’acquisto, per almeno due anni. Nel caso in cui smarrisca lo scontrino, il consumatore ha comunque la possibilità di fare reclamo, presentando altri documenti attestanti l’avvenuto acquisto, quali il tagliando dell’assegno, la cedola della carta di credito, lo scontrino del bancomat e la confezione del prodotto. Il comma 3° introduce una presunzione di esistenza del difetto di conformità al giorno della consegna del prodotto al consumatore se nei sei mesi successivi si manifesti il difetto, salvo che ci sia incompatibilità con la natura del bene e del vizio di conformità. Si tratta di una presunzione a favore del consumatore, in quanto, se il difetto di conformità si palesa nel tempo di sei mesi dalla data della consegna, costui è esonerato dall’onere di dimostrare l’esistenza del difetto all’atto della consegna, in quanto si presuppone che il prodotto fosse già difettoso alla consegna; invece incomberà sul venditore l’onere di provare che il difetto di conformità non sussisteva al momento della consegna per originaria integrità del prodotto. Come previsto al comma 4°, il termine di prescrizione dell’azione diretta a far valere il difetto di conformità è di ventisei mesi dalla consegna, ossia dal giorno in cui il consumatore abbia avuto a disposizione il prodotto e quindi sia stato in grado di riscontrare l’esistenza di potenziali difetti, o dal giorno della scoperta del difetto, nell’ipotesi di occultamento doloso dello stesso da parte del venditore. Difatti, nell’eventualità in cui il difetto del prodotto acquistato si manifesti a ridosso della scadenza del biennio, il consumatore ha comunque a disposizione due ulteriori mesi di tempo per denunciare il medesimo. È necessario quindi che il consumatore conservi lo scontrino o eventuale altra prova dell’acquisto, quale garanzia, per almeno ventisei mesi, così aumentando le possibilità di essere eventualmente garantito e rimborsato.

 

Il venditore è responsabile per due anni dal giorno in cui ha consegnato il bene al suo cliente per i difetti esistenti al momento della consegna; per i difetti che si manifestano oltre tale termine il consumatore non può pretendere alcun rimedio. Il consumatore, inoltre, perde ogni diritto se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro due mesi dal giorno in cui lo ha scoperto. Se il venditore ammette l’esistenza del difetto oppure lo ha occultato al consumatore, non è necessaria alcuna denuncia. La norma introduce un termine di ventisei mesi dalla consegna del bene entro il quale il consumatore può esercitare un’azione legale nei confronti del venditore per far valere il difetto di conformità.  Nel caso in cui il venditore ha volutamente nascosto i difetti del bene, il termine di ventisei mesi non decorre dal giorno della consegna, bensì dal giorno in cui il consumatore ha scoperto il raggiro del venditore. Nel caso in cui il consumatore viene chiamato in giudizio per l’esecuzione del contratto, egli potrà far valere sempre gli eventuali diritti previsti in caso di difetto di conformità (senza essere limitato al rispetto dei termini dei quali si è scritto) purché abbia denunciato il difetto di conformità entro due mesi dalla scoperta e prima della scadenza del termine.

 

Articolo 133:  Garanzia convenzionale

 

1. La garanzia convenzionale vincola chi la offre secondo le modalità indicate nella dichiarazione di garanzia medesima o nella relativa pubblicità.

2. La garanzia deve, a cura di chi la offre, almeno indicare: a) la specificazione che il consumatore è titolare dei diritti previsti dal presente paragrafo e che la garanzia medesima lascia impregiudicati tali diritti; b) in modo chiaro e comprensibile l’oggetto della garanzia e gli elementi essenziali necessari per farla valere, compresi la durata e l’estensione territoriale della garanzia, nonché il nome o la ditta e il domicilio o la sede di chi la offre.

3. A richiesta del consumatore, la garanzia deve essere disponibile per iscritto o su altro supporto duraturo a lui accessibile.

4. La garanzia deve essere redatta in lingua italiana con caratteri non meno evidenti di quelli di eventuali altre lingue.

5. Una garanzia non rispondente ai requisiti di cui ai commi 2, 3 e 4, rimane comunque valida e il consumatore può continuare ad avvalersene ed esigerne l’applicazione.

 

Questo articolo si occupa della tematica della garanzia convenzionale, delineandone nozione e limiti. La disposizione fa riferimento a quei casi in cui venditore o produttore forniscano in modo volontario una garanzia convenzionale e prevede, al fine di assicurare la tutela del consumatore, che la garanzia in oggetto vincoli tali soggetti a quanto indicato nella medesima dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità. La garanzia convenzionale, contrapponendosi alla garanzia legale per il suo carattere di prestazione volontaria concordata tra le parti, è finalizzata ad offrire al consumatore una forma di tutela ulteriore e supplementare rispetto a quella minima prevista dalla legge, così contribuendo ad una maggiore concorrenza nell’ambito del mercato. Tuttavia è necessario venga assicurata un’informazione corretta e completa dei consumatori in merito ad esistenza, caratteristiche e limiti di tale tipologia di garanzia, prevedendo regole di trasparenza per le informazioni e la pubblicità relative alla dichiarazione convenzionale di garanzia. Il comma 2°, quindi, per garantire una adeguata e piena comprensibilità della dichiarazione di garanzia e fornire al consumatore la possibilità di accedere e ricorrere agevolmente alla stessa, elenca una serie di obblighi informativi e di trasparenza relativi all’aspetto contenutistico, linguistico e grafico di tale dichiarazione. Il comma 3° prevede la necessità della presenza di un requisito formale, imposto al professionista se il consumatore ne faccia richiesta, ossia il requisito di fornire la garanzia su un supporto di tipo cartaceo o comunque di tipo duraturo nel tempo. Il comma 4° stabilisce che la garanzia in questione debba essere scritta in lingua italiana, al fine di consentire la comprensione della stessa anche a soggetti di nazionalità diversa da quella del venditore del prodotto. Il legislatore ha posto a carico del venditore l’eventuale rischio che possa derivare dal mancato apprendimento della dichiarazione di garanzia per la differenza linguistica dei contraenti. Il comma 5° si occupa dell’eventualità in cui ci sia un difetto di trasparenza della garanzia convenzionale e stabilisce che la garanzia, pur non rispondendo ai requisiti di trasparenza previsti dalla norma, è comunque valida, con la conseguenza che il consumatore ha la possibilità di continuare ad avvalersene, esigendone l’applicazione. Infatti, il difetto di trasparenza non può recare un pregiudizio al consumatore il quale sia intenzionato ad avvalersi di tale garanzia perché più vantaggiosa di quella legale, in quanto deve, in ogni caso, prevalere la situazione in cui il consumatore possa fruire della garanzia, se quella sia la sua intenzione. Il difetto di trasparenza della garanzia convenzionale, inoltre, potrà avere rilevanza sotto due ulteriori aspetti: a) potrà essere considerato come violazione del dovere di buona fede e quindi quale fonte di risarcimento del danno; b) potrà essere un argomento che le associazioni dei consumatori potrebbero far valere in via collettiva ex art. 140 codice consumo, trovando fondamento nella violazione del diritto dei consumatori alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali sancito dal comma 2°, lettera e), dell’art. 2 del presente Codice.

 

Il contenuto di tale garanzia è vincolante per chi la offre e può essere diffuso attraverso due modalità: • una dichiarazione di garanzia vera e propria; • messaggi pubblicitari relativi al prodotto venduto. L’ articolo elenca inoltre gli elementi minimi che la garanzia convenzionale deve indicare: • l’indicazione che il consumatore gode dei diritti previsti dalla garanzia legale e che la garanzia convenzionale lascia impregiudicati tali diritti; • l’oggetto della garanzia (in che cosa consiste) espresso in modo chiaro e comprensibile; • la sua durata e la sua estensione territoriale; • il nome o la ditta di chi la offre; • il domicilio o la sede di chi la offre.

 

Articolo 134:  Carattere imperativo delle disposizioni

 

1. È nullo ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto ad escludere o limitare, anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti dal presente paragrafo. La nullità può essere fatta valere solo dal consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

2. Nel caso di beni usati le parti possono limitare la durata della responsabilità di cui all’art. 1519-sexies, comma primo, del codice civile ad un periodo di tempo non inferiore ad un anno.

3. È nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo l’applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dal presente paragrafo, laddove il contratto presenti uno stretto collegamento con il territorio di uno Stato membro dell’Unione europea.

 

L’articolo, fissando la nullità di ogni patto diretto alla esclusione e limitazione dei diritti affermati dal presente capo e stipulato anteriormente alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, conferma il principio di protezione dell’acquirente, secondo il quale sarebbero irrinunciabili i diritti riconosciuti al consumatore dal Codice e sarebbe nulla ogni pattuizione in contrasto con le disposizioni dello stesso. L’articolo 134, dunque, stabilisce che non ha nessun valore un accordo tra il venditore ed il consumatore che escluda o limiti i diritti e le garanzie previste a favore dell’acquirente. Tale nullità colpisce sia i patti avvenuti nel momento in cui viene firmato il contratto, sia quelli stabiliti in un momento successivo(ma prima dell’eventuale denuncia del difetto di conformità da parte dell’acquirente). La definizione di patto, ricomprende qualsiasi accordo concluso dal consumatore con il professionista, collegato in qualche modo con il contratto di vendita. Caratteristica rilevante della nullità di protezione è quella della legittimazione relativa, ossia la legittimazione riconosciuta al consumatore in qualità di unico soggetto avente interesse a far valere la nullità di tale patto, in deroga al principio generale per cui, ex art.. 1421 del Codice Civile, la nullità possa essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, al fine di evitare che il professionista possa giovarsi degli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento ad esclusivo vantaggio del consumatore. Di conseguenza, la sanzione della nullità non sarebbe più uno strumento di tutela previsto nell’interesse di entrambi i contraenti, ma diventerebbe strumento di protezione della parte contraente più debole. La norma statuisce che la nullità del patto privante il consumatore della tutela legale sia rilevata d’ufficio dal giudice, in tutti quei casi in cui il consumatore non sia nella condizione di riconoscere la vessatorietà del patto, attribuendo così al giudice un ruolo suppletivo per tutelare il medesimo consumatore. Si tratta di un rimedio che: • può essere fatto valere solo dal consumatore e non dal venditore (nullità relativa); • non comporta la nullità dell’intero contratto ma solo dell’accordo intervenuto tra il venditore ed il consumatore (nullità parziale). In un eventuale giudizio, il giudice potrà di sua iniziativa fare valere la nullità del patto. Quando il contratto di vendita riguarda beni usati, la norma prevede la possibilità per il consumatore ed il venditore di limitare la responsabilità di quest’ultimo ad un periodo inferiore a quello legale (due anni), ma mai al di sotto di un anno dal momento della consegna. Tale norma ha la specifica finalità di evitare che il consumatore possa essere privato di tutela per il solo fatto che il bene venduto sia già stato oggetto di precedenti utilizzi. È importante ricordare che sono nulle le clausole contrattuali che prevedono l’applicazione di norme di un paese extraeuropeo, qualora il contratto presenti uno stretto collegamento con il territorio di uno stato membro. La regola mira a tutelare il consumatore in presenza di clausole che possano produrre l’effetto di abbassare il livello di tutela previsto all’interno della Comunità Europea. Il comma 2° prevede per le parti, limitatamente ai beni usati - ossia ai prodotti che siano stati progressivamente utilizzati prima della vendita - la possibilità di ridurre il termine di garanzia biennale, di cui all’art. 132 del presente Codice, fino ad un anno, mentre per quanto concerne gli altri aspetti la vendita dei beni usati è assoggettata alla disciplina in esame, considerato il tempo del pregresso utilizzo relativamente ai difetti non derivanti dal normale uso del bene. In merito, il prodotto usato risulta essere conforme al contratto quando il suo stato sia corrispondente, in termini di qualità e funzionalità, a quello normalmente presente in un prodotto, idoneo all’uso, avente la durata d’uso dichiarata o risultante al momento della vendita. Il comma 3° si riferisce alla nullità delle clausole inerenti alla scelta della legge applicabile al contratto, nel caso in cui sia applicabile la normativa di paese extracomunitario.

 

Imperatività della garanzia legale. Una prerogativa della garanzia legale e che evidenzia chiaramente l’intento di tutelare maggiormente il consumatore, è la sua inderogabilità. Nel caso della garanzia post-vendita il consumatore “è in una botte di ferro”. L’art. 134 del Codice del Consumo stabilisce, infatti, che è nullo ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, tendente ad escludere o limitare, anche indirettamente, i diritti riconosciuti al consumatore ed anche ogni clausola contrattuale che, per mezzo del rinvio alla legislazione di paesi extracomunitari, abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata. Neppure con il consenso del consumatore è possibile limitare la durata biennale della garanzia; egli potrà eventualmente rinunciare alla propria tutela solo una volta contestata l’esistenza del difetto.  La nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Se il contratto ha uno “stretto collegamento” con uno Stato membro dell’Unione Europea (per es. se il venditore ha sede in Italia o il contratto è stipulato in Italia), la clausola in questione è nulla, per cui un modo indiretto per eludere la garanzia consiste nel predisporre una clausola con cui si richiami l’applicazione della normativa di un Paese extracomunitario.

 

Articolo 135:  Tutela in base ad altre disposizioni

 

1. Le disposizioni del presente capo non escludono né limitano i diritti che sono attribuiti al consumatore da altre norme dell’ordinamento giuridico.

2. Per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano le disposizioni del codice civile

 

L’articolo dispone che le disposizioni del presente capo non escludano e non limitino quei diritti riconosciuti ai consumatori da altre norme dell’ordinamento giuridico, prevedendo altresì che per quanto non regolato dal presente capo vengano applicate le disposizioni del Codice Civile in tema di contratti di vendita. In materia il legislatore ha provveduto a realizzare norme di coordinamento tra il corpus civilistico ed il nuovo codice di settore, per ribadire il concetto della soggezione dei contratti di vendita dei beni di consumo alle disposizioni del Codice Civile, per quanto non diversamente disposto. La norma ha il fine di incrementare ulteriormente il livello di tutela del consumatore prevedendo che, oltre ai diritti previsti dalle norme relative alla vendita dei beni di consumo, il consumatore potrà godere di tutti quei diritti che la legge italiana gli riconosce e che non sono disciplinati dalle norme esaminate in questa sezione del Codice del Consumo.

 

Consigli utili. Per evitare qualsiasi questione relativa alla garanzia del bene acquistato, il consumatore deve sempre: conservare per due anni (garanzia legale) o più (in caso di garanzia convenzionale)  lo scontrino di acquisto del bene; fotocopiare lo scontrino (gli scontrini sono stampati su carta chimica che può sbiadire); comunicare immediatamente al venditore i vizi del bene; non intervenire mai sul bene difettoso per cercare di ripararlo.